Microtesti: l’arte silenziosa della guida

I microtesti sono tutte le parole, frasi brevi e indicazioni che vengono utilizzate per indicare e suggerire la strada da percorrere ad un utente.

Utente chiede, sistema risponde

Ogni esperienza che progettiamo, software o reale che sia, può essere vista come chiacchierata tra il sistema che stiamo realizzando e il dialogo interno dell’utente. Pensiamo, ad esempio, al senso di smarrimento quando entriamo in un supermercato che non frequentiamo spesso, o quando avviamo per la prima volta una nuova applicazione. Velocemente, nella nostra mente affioreranno domande come:

Che cosa devo fare? Dove devo schiacciare? Come mi devo muovere?

Come fa il sistema a rispondere a queste domande? Grazie ad un mix di fattori che compongono il design dell’esperienza: dall’architettura dell’informazione al layout, ogni elemento suggerisce all’utente il prossimo passo.

Torniamo all’esempio del supermercato: ci serve lo zucchero. Cosa facciamo? Ci guardiamo in giro: la disposizione dei prodotti e delle corsie ci guida nell’orientamento. Dopo di che, alziamo lo sguardo e oplà: ogni corsia ha un cartello che descrive le categorie principali dei prodotti che potremo trovare percorrendo quello spazio. Un elenco breve, di alto livello, che unito alle nostre esperienze precedenti di acquisto in un supermercato, ci guiderà nella scelta della corsia corretta.

I microtesti: tutti intorno a noi

Ora che abbiamo scoperto come i microtesti possono aiutarci fare la spesa, possiamo facilmente prendere coscienza del fatto che sono un’assidua guida silenziosa durante le nostre giornate. Un’indicazione stradale, un claim pubblicitario, l’sms di notifica della banca, il testo di un bottone che ci porta all’iscrizione di una newsletter, le voci di un menù di navigazione, il messaggio di errore che ci segnala di aver inserito un indirizzo email errato: sono tutti ottimi esempi di microtesti in cui inciampiamo, più o meno consapevolmente, ogni giorno. Se la loro funzione di guide, di piccoli suggeritori è palese, il loro potere di condizionare le scelte spesso è sottovalutato.

Affinchè un microtesto sia efficace, deve spingere un utente ad un’azione.

Se la fruizione dell’esperienza è un dialogo tra utente e sistema, questo dialogo deve essere fluido, continuo, chiaro e sempre coerente con il contesto. Le azioni degli utenti, a loro volta, sono legate ai loro stati interni, ai loro modelli mentali e chiaramente ai loro obiettivi. Affinchè un microtesto si comporti da “nudge1”, oltre ad informare chiaramente, deve essere in grado di mettere l’utente a proprio agio e rassicurarlo, se necessario.

Le parole che vogliamo sentire

Siamo in montagna ed è la prima volta che affrontiamo questo sentiero. Siamo affamati e un po’ stanchi. Nel nostro cammino incontriamo due persone a cui chiediamo come arrivare al prossimo rifugio. Tutte e due ci indicano la strada corretta, ma il primo, sentendosi esperto, ci racconta tutta la storia della montagna, di come suo nonno ha tracciato il sentiero e quante volte è stato al rifugio. Il secondo ci dice di non preoccuparci, che se vogliamo, possiamo allungare la strada passando per una via ricca di cespugli di frutti di bosco, con cui fare uno spuntino.

Il signore prolisso, rappresenta la tentazione di scrivere tutto. Nel nostro mondo iperconnesso, dove gli utenti sono bombardati di informazioni dobbiamo far pace con il dato di fatto che gli utenti dedicano alla lettura delle istruzioni pochissimo tempo. “Ma c’è scritto!” non può essere un alibi, almeno per un designer.

Il secondo signore è il compagno di viaggio ideale: è esperto, ha capito qual è il nostro problema (abbiamo fame, dannazione!) e ci consiglia una via per raggiungere un’azione che soddisfi rapidamente il nostro bisogno. La scelta è sempre dell’utente, ma la spinta gentile verso quella pianta di fragoline di bosco è evidente.

Nel digitale il “Signor Frutti di Bosco” è il messaggio di errore che non solo ti dice che hai sbagliato, ma che ti indica come correggere. E’ la call to action che non ti dice subito “Attiva il servizio” ma “Scopri la rata”.

Microtesti, il costo nascosto della ux

Potremmo dire che scrivere microtesti è un arte, nella realtà il primo passo che dobbiamo fare è prendere consapevolezza che scrivere microtesti è un lavoro. Se il patinato mondo del marketing e delle applicazioni consumer ha perfettamente colto il magico potere del microtesto ben fatto (ehi! non c’è niente di più convincente della metrica “fatturato” in aumento!), nel mondo del software B2B la musica è ben diversa.

Quando l’utente viene considerato consumatore, mettiamo in atto qualsiasi strategia affinchè i flussi di interazione si chiudano positivamente. Quando l’utente è obbligato ad utilizzare un sistema o una piattaforma, ad una spinta gentile si preferisce spesso il caro vecchio manuale di istruzioni. O il customer service. O niente.

I microtesti vengono dimenticati o scaricati sul povero developer di turno che è costretto a riempire gli spazi lasciati in bianco all’ultimo minuto.

(quante volte ti è capitato di leggere messaggi di errore incomprensibili?)

Ma più i testi inducono delle azioni corrette, più gli utenti-dipendenti lavoreranno meglio, risparmiando tempo. Sarà necessaria meno formazione e meno supporto tecnico, perchè gli utenti saranno autonomi e, a fronte di un errore, sapranno come correggersi. Last but not least, meno silos di conoscenza, se il sistema è intuitivo, non dovremo preoccuparci se Luigi-quello-che-sa-fare-le-note-di-credito parte per una vacanza di un mese.

Microtesti pungolanti: da dove si parte

La scorso maggio ho avuto il piacere di partecipare al corso Scrivere per la Ux tenuto Andrea Fiacchi e Valentina Di Michele. Davvero illuminante e super consigliato se volete approfondire.

Faccio un passo indietro. In CodicePlastico, lavorando spesso su applicativi interni alle aziende, la costruzione e il controllo dei flussi è un’attività fondamentale. Le applicazioni che costruiamo sono la trasposizione digitale di regole complesse legate a leggi, procedure finanziare, sistemi di produzione. Che sia un flowchart, un elenco di user stories o uno scenario, è cruciale arrivare al mockup avendo idea dei passi che l’utente può compiere.

La prototipazione dei flussi è fantastica per capire:

  • i punti in cui dobbiamo dire all’utente cosa fare;
  • l’ordine in cui questo eventi possono accadere;
  • i punti in cui si possono scatenare degli errori (e di conseguenza capire quali messaggi andranno curati)

A che punto entrano in gioco i microtesti? L’analisi dei flussi è molto focalizzata sulle funzionalità – “metti messaggio d’errore per mail non corretta”- ma poco sul come i messaggi possono essere scritti. L’anello di congiunzione tra il flowchart, microtesti e i primi prototipi preliminari l’ho scoperto al corso di Andrea e Valentina: la matrice SEPA.

Un buon messaggio è il frutto della scelta delle parole giuste, del tono di voce e della forma, ma ci sono anche numerosi altri aspetti che danzano dietro alle quinte, come:

  • Gli stimoli: la scintilla, gli elementi scatenanti che mettono in moto l’azione. Possono essere esterni, come un bottone, un banner publicitario, un link o bisogni interni, come nel caso del nostro esempio del bosco.
  • Le emozioni: quale emozioni prova nel momento in cui incontra lo stimolo. È felice? È ansioso? Ha paura?
  • pensieri: qual è il modello mentale dell’utente? Cosa si dice? Qual è il suo dialogo interno?
  • Le azioni: e infine l’azione che l’utente compie.

Per ogni passo del flusso, andremo quindi a riempire le quattro colonne della matrice SEPA. Materiale necessario: un foglio di calcolo e le informazioni necessarie per mettersi nei panni del cliente.

StimoliEmozioniPensieriAzioni
Marco vede l’adv dell’App mentre naviga sui social networkInteresse, ansia, sollievo“Questa App mi può aiutare?”
Fornire informazioni semplici per incuriosire
Convincere a fare clic e arrivare all’area pubblica del del sito

L’esempio, tratto da Emotional Driven Design2 , è la prima riga della matrice SEPA costruita per un’applicazione socio assistenziale per la gestione dell’ansia durante l’adolescenza. Il flusso parte da un banner (è il nostro trigger) e si completa con la compilazione di un test il cui risultato determina un piano personalizzato di assistenza.

La scomposizione del flusso, deve seguire la coppia stimolo-azione.

L’azione rappresenta il passo che, come progettisti vorremmo che l’utente compia.

Il trigger è tipicamente legato a qualcosa che, come designer, decidiamo di presentare nell’interfaccia. Un bottone, un testo, lo stesso questionario sono tutti trigger: elementi con cui l’utente può attivare un’azione. Riprendendo l’esempio, il trigger è il banner ADV, l’azione corrispondente è il clic sul banner per far raggiungere al nostro utente una parte informativa.

Ora è il momento di mettersi nei panni di Marco: cosa prova un adolescente con un problema nella gestione delle emozioni? Probabilmente ansia, ma anche interesse o sollievo per aver scoperto una possibile soluzione ai suoi problemi.

La colonna dei pensieri risponde alla domanda “Che cosa pensa Marco? Che domande si pone mentre vede il banner?”. Immaginare il dialogo interno dell’utente e immedesimarci nelle sue emozioni ci aiuta a immaginare agire a livello di copy: serviranno informazioni precise, semplici per attivare la curiosità e spingere Marco a cliccare sul nostro banner.

Il metodo SEPA fornisce anche ottimi campanelli d’allarme quando non sappiamo come riempire una casella. Significa che ci mancano delle informazioni, suggerisce quali aspetti indagare ulteriormente con gli utenti a livello di azioni di ricerca o come correggere il flusso per rendere l’esperienza più piacevole.

Piccoli e potenti alleati

I flussi e le esperienze che progettiamo non esistono finchè non vengono realmente vissute dagli utenti: i microtesti sono la scintilla che attiva, prende per mano l’utente e lo tiene in movimento. Per questo dobbiamo considerarli dei piccoli e potenti alleati in grado, letteralmente, di mettere in moto il mondo intero!

Quindi: 3, 2, 1… Pronti a scrivere?! 😀

Note

  1. Nudge. La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità è un libro di Richard H. Thaler, Cass R. Sunstein che racconta come le scelte che prendiamo ogni giorno sono guidate dal modo in cui le informazioni ci vengono presentate e, soprattutto, come creare dei nudge, dei “pungoli” per rendere questa spinta all’azione un qualcosa di positivo in grado di migliorare il mondo in cui viviamo. 
  2. Emotion Driven Design – Di Michele Fiacchi – Apogeo