Mens sana in corpore Agile

La nostra salute è un aspetto fondamentale del lavoro che troppo spesso ignoriamo. In questo articolo di Gianni Bortolo Bossini ed Emilio Palmerini troverete alcune buon pratiche fondamentali per tutte le persone che lavorano nell’IT.

“Anno nuovo, vita nuova” dice il proverbio. E dev’essere proprio quello che è passato nella mente di Kelsey Hightower quando, lo scorso capodanno, pubblicò il seguente tweet

Proprio dal tweet nasce l’idea di scrivere questo articolo! Un anno fa, @EmaDB ci ha suggerito di approfondire il tema della salute del programmatore dal punto di vista del… programmatore, con la storia, i bias, le passioni che a volte influenzano i nostri comportamenti e le nostre decisioni.

Ci siamo fermati a pensare un attimo e in effetti, per chiunque, lo stereotipo dello sviluppatore è il seguente:

“Individuo piuttosto chiuso ed emaciato, che vive nascosto tra scatole di pizza parzialmente chiuse, lattine di Coca Cola e brocche di caffè. Prevalentemente notturno si dedica a risolvere piccoli esercizi comunemente chiamati kata, o allo sviluppo di complicatissimi progetti incomprensibili ai più, chiamati Side Projects. Privo di massa muscolare, indossa gli occhiali per supplire a carenze visive, usa collirio per lenire l’arrossamento degli occhi ed è totalmente sprovvisto di vitamina D”

E ci siamo chiesti perché siamo giunti a tutto questo? Sostanzialmente per tre motivi:

La televisione

Nel film Jurassic Park, il noto e malvagio sviluppatore che, dietro compenso di Product Owner senza scrupoli di aziende rivali, è l’unico ad avere la conoscenza per disattivare la sicurezza del parco. Le condizioni lavorative dello sviluppatore, come si vede dalla foto, erano per lo meno grottesche.

La scarsa comprensione di chi ci circonda

“Hey Paul, andiamo a fare un giro a Riccione questo weekend? Danno sole e potremmo passare…”

“No grazie, ragazzi. Sapete, mi è arrivato l’Arduino nuovo, quello con il sensore di …”

“Wrroooooooooooommmmmmmmm!!”

La responsabilità verso un mondo migliore

Durante i pranzi di Natale, chi non si è sentito responsabile di risolvere il disagio della zia ottantenne che, estraendo il telefonino del 1976, esponeva ai commensali tutto il disagio nella difficoltà di attivare il teethering e accedere ad internet dal suo iMac?

Le cose però stanno cambiando! Se abbiamo la fortuna di partecipare a conferenze ed incontrare e parlare con degli sviluppatori, cosa rara ma non impossibile, scopriamo che le cose non vanno proprio come molti pensano. Sempre più spesso, sul palco delle conferenze, appaiono speaker internazionali dal fisico invidiabile, e le lunghe notti rischiarate solo dalla luce verde dei caratteri del monitor sono un lontano ricordo, o una storia da raccontare durante l’onboarding al nuovo collega per strappare qualche sorriso.

“Perché ormai è evidente quanto sia essenziale bilanciare gli investimenti in termini di tempo e sforzo fisico richiesti dalla passione per le novità tecnologiche con la necessità di condurre una vita sana.”

Quindi, fare lo sviluppatore significa non avere una vita sana? Beh, vivendo la vita da sviluppatore secondo lo stereotipo, i problemi di salute possono essere molteplici. Ad esempio,

  • Troppe ore seduti nella stessa posizione possono comportare gravi rischi cardiovascolari, aumentando la probabilità di insorgenza di trombosi, malattie cardiovascolari e diabete
  • L’errata illuminazione della stanza può provocare gravi problemi di vista o l’insorgenza di mal di testa
  • L’errata postura dovuta al fatto di trascorrere le ore di lavoro da casa su supporti non ergonomici (abbiamo tutti a casa la sedia con braccioli, scrivania e monitor all’altezza giusta e la luminosità corretta, giusto?) può portare a problemi come mal di schiena o mal di testa
  • La carenza di vitamina D dovuta alla mancanza di esposizione alla luce solare può provocare problemi alle ossa, ai muscoli, un’aumentata incidenza di neoplasie, abbassamento delle difese immunitarie, effetti negativi sul sistema cardiovascolare e sulle performance cognitive
  • Convivere con il mal di testa, tenendolo sotto controllo solo tramite farmaci

Premesso che se abbiamo sintomi particolari è necessario consultare il proprio medico ed individuare cause e rimedi per ciascuno, sul tema della salute dello sviluppatore in CodicePlastico abbiamo trovato estremamente utile la lettura del libro “The Healthy Programmer” di Joe Kutner.

Nel libro, Joe Kutner espone i rischi più comuni ai quali è sottoposto quotidianamento lo sviluppatore (credetemi, sono davvero tanti) e presenta molte delle pratiche e suggerimenti per migliorare la nostra salute senza penalizzare la produttività (anzi…) o dover spendere soldi per l’abbonamento annuale in palestra (che poi, se non siamo degli appassionati, sfrutteremo sostanzialmente come un mese di prova non gratuita).

In azienda, durante le pause caffè e gli standup, abbiamo quindi iniziato a condividere quanto scoprivamo e quanto iniziavamo ad applicare (magari con qualche difficoltà). La curiosità è stata molta e abbiamo pensato che potesse essere interessante anche per voi scoprire cosa abbiamo fatto per sviluppare in modo sano, senza privare la nostra passione di tempo e risorse. Per rendere meno personale la narrazione, abbiamo chiesto ai colleghi di farci 9 domande che vi permetteranno di conoscerci meglio e scoprire come hanno gradualmente abbiamo cambiato le nostre abitudini per affrontare in modo salutare la quotidianità:

Da quanto tempo fai il programmatore?

EMILIO:

Non molto, in realtà: come hobby da sei o sette anni, professionalmente da uno soltanto. Ne approfitto per dire che lo stereotipo del programmatore sta un po’ cambiando anche se Hollywood non se n’è ancora accorto… Anche se anche io ho passato le mie ore di programmazione nelle posizioni meno ergonomiche possibili.

GIANNI:

Tanto tempo, non lo dico altrimenti fate reverse engineering e scoprite la mia età anagrafica. Per me, il PC (con sistema operativo Microsoft Windows, ovviamente) è sempre stato una passione. Un po’ per gioco, un po’ per conoscere persone (ricordate ICQ?), scoprire il mondo e altre culture, mi ritrovavo sempre “attaccato” a ‘ste televisione (come la chiamavano i miei genitori). Da lì poi è nata la passione, che ha successivamente trovato sbocco nell’attività lavorativa. Ah, quante serate, quante ore passate seduto nella taverna dei miei prima e nel mio studio poi, nelle posizioni più assurde, al buio… Insomma, come disse il colonnello Kilgore in Apocalypse Now, “Mi piace il bruciore degli occhi al mattino”!

Cosa pensi che sia più rischioso, a livello di salute, nella vita da programmatore?

EMILIO:

Sicuramente stare seduto tutto il giorno. Non sono un esperto, ma ci sono parecchi articoli medici che hanno dimostrato un aumento delle malattie cardiovascolari causato dalla vita sedentaria di chi lavora attaccato a uno schermo.

GIANNI:

Non so proprio cosa possa essere più pericoloso, ma in quest’ultimo anno, leggendo e confrontandomi con Emilio, con i colleghi e con mia moglie Silvia (che è medico internista presso gli Spedali Civili di Brescia), ho scoperto che molte azioni dannose erano entrate a far parte della mia routine quotidiana. Fortunatamente non ho problemi di vista, ma credo che se continuassi a lavorare senza dare la minima importanza all’illuminazione della stanza, prima o poi mi dovrei scontrare con questo problema. Per questo cerco sempre di stare alla giusta distanza dal monitor e di non avere lo schermo come unica sorgente luminosa. Nel libro che abbiamo citato, l’autore consiglia di verificare la corretta posizione dal monitor cercando di dare un 5 allo schermo: se non lo si raggiunge o gli si da una gomitata, significa che rispettivamente siamo troppo lontani o vicini. Inoltre, possiamo verificare la luminosità prendendo un libro e posizionandolo di fronte al monitor: il libro non dev’essere illuminato dalla luce dello schermo e per far ciò dovremo aumentare la luminosità nella stanza, oppure ridurre quella del monitor. Insomma, piccoli accorgimenti che hanno migliorato la mia salute e cambiato la mia routine. Certo, ora posso affermare che “Non mi manca affatto il bruciore degli occhi al mattino!”

Cosa ti ha fatto notare che avevi bisogno di un cambiamento?

EMILIO:

Dopo un paio di mesi ho iniziato a sentire un dolore alle mani e mi sono accorto che effettivamente non erano nella posizione corretta, per la gioia dei miei tendini.

GIANNI:

Come detto, certamente il bruciore degli occhi, ma anche quel leggero mal di testa o quel delicato mal di schiena erano sintomi di qualcosa che non funzionava. Certamente erano feedback che testimoniavano che stavo lavorando, ma ho scoperto che si può essere produttivi anche senza soffrire.

Come hai iniziato ad occuparti della tua salute?

EMILIO:

Con la fine degli anni bui del covid, ho ricominciato ad andare in palestra e a correre. Ho comprato anche una “standing desk” che mi permette di lavorare in piedi e di aggiustare l’altezza del piano di lavoro. È facile trovare un planner online per calcolare l’altezza della scrivania in base alle proprie misure.

GIANNI:

Il libro “The Healthy Programmer” mi ha davvero aperto un mondo. Non avrei mai pensato di ritrovarmi in pausa pranzo, d’estate, sul terrazzo di casa a prendere il sole per aumentare il livello di vitamina D e quindi contribuire in modo naturale al mio umore, alla salute, ad esempio, delle mie ossa e fare prevenzione! Questo ad esempio, se ci pensiamo, è un vantaggio non indifferente del remote working: in ufficio non mi sarei mai messo a prendere il sole a petto nudo (per rispetto dei colleghi), mentre a casa mia si!
Ho anche iniziato a partecipare ai meeting in piedi: non ho una standing desk, ma ho trovato che l’altezza della Kallax dell’Ikea è giusta per partecipare in modo attivo e prendere comodamente appunti. Per meeting particolarmente lunghi mi limito a cambiare posizione per non stare in piedi troppo a lungo, ma certamente avere la possibilità di passeggiare per qualche minuto è meglio di stare seduti. E comunque non è necessario affrontare in piedi tutte le call! Possiamo anche limitarci a standup e pause caffè dove la durata è limitata e non abbiamo la necessità di stare vicino al monitor o prendere appunti. Infine, ho anche iniziato a contare quante volte mi alzavo per mangiare orsetti gommosi, capendo che erano troppe, e a contare i passi con uno smart band. Insomma, tanti piccoli accorgimenti che mi fanno sentire meglio!

Qual è stata la cosa più difficile da iniziare a fare o quale abitudine è più dura da cambiare?

EMILIO:

Sicuramente mantenere la posizione corretta con la schiena. Dò la colpa ai banchi scolastici per quello!

GIANNI:

Cambiare posizione. Sembra che il mio cervello non si accorga che il tempo passi e quindi mi suggerisca di sedermi alle 9 e alzarmi alle 13. Per questo mi sono messo un timer sul cellulare: ogni 20-30 minuti cerco di cambiare posizione. Passo dalla sedia ergonomica, alla palla da fitness, allo stare in piedi. Anche bere spesso è stato difficile. In questo caso ho cercato di dare una ricompensa all’azione, alternando acqua fresca con tisane ed infusi che mi invogliano a bere più frequentemente. Ecco, sconsiglio di bere 2 litri di Coca Cola al giorno, o se lo fate allo scopo di essere idratati… non date la colpa a questo articolo!

Sappiamo che Agile è un’ottima metodologia per portare a termine compiti complessi un passo alla volta: possiamo applicarlo anche alla salute?

EMILIO:

Gianni è sicuramente l’esperto qui, quindi lascio il microfono a lui. Sicuramente dividere le varie modifiche in issue più piccole e affrontarle un poco alla volta mi ha aiutato.

GIANNI:

Il libro consiglia di fare uno standup ogni mattina con noi stessi durante il quale ci chiediamo:

  • Cosa ho fatto ieri per la mia salute?
  • Cosa farò oggi per la mia salute?
  • Che impedimenti ho riscontrato che hanno penalizzato una condotta più salutare?

Inoltre, suggerisce di fare una retrospettiva ogni 1-2 settimane per fare il punto della situazione, durante la quale dobbiamo rispondere a 8 domande. Non sono molto ferreo su queste pratiche applicate alla salute, ma certamente mi sono fatto un foglio dove cerco di rispondere a queste domande per tenere traccia soprattutto dei momenti in cui perdo contatto col miglioramento e torno alla cattive abitudini e prenderne coscienza.

Magari è presto, ma vedi benefici?

EMILIO:

Io non ho più problemi alle mani!

GIANNI:

Devo dire di sì, qualche beneficio si è visto. Innanzitutto, come detto, non ho più quel fastidioso bruciore di occhi. La mia schiena sembra aver tratto giovamento dall’assunzione di diverse posizioni. Ho perso anche qualche chilo (pochi in verità) senza fare diete. Non ho fatto esami per vedere se anche chimicamente qualcosa sta cambiando, ma senza entrare troppo nel medicale posso affermare che… SÌ, STO MEGLIO!

Suggerisci un paio di cambiamenti facili e alla portata di tutti.

EMILIO:

Io sono un feroce sostenitore delle standing desk. Anche solo per poter adattare l’altezza della propria scrivania. Quella di Ikea costa relativamente poco.

GIANNI:

Per cambiare posizione, una palla da fitness ed una Kallax (verificando che sia a un’altezza corretta per la tua statura). Infusi freddi non zuccherati. Se avete una cyclette in casa, una pedalata oppure una passeggiata di 10 minuti sono un buon modo per dare ossigeno al nostro cervello quando siamo bloccati a risolvere un bug! Rimettere in modo la circolazione e cambiare prospettiva aiutano a trovare la soluzione! Se non funziona, ci restano StackOverflow o ChatGPT (scherzo, ovviamente)!

Di’ quello che vuoi nella conclusione (sì, sto un po’ barando con questa)

EMILIO:

La nostra salute è un aspetto fondamentale del lavoro che troppo spesso ignoriamo. Prenderci cura di come lavoriamo è importante tanto quanto scrivere codice bene. Basta ricordarsi che non siamo computer…Non ancora, per lo meno…

GIANNI:

Serve poco nella quotidianità per lavorare in modo più salutare! Piccoli accorgimenti per arrivare alla pensione con la stessa forma fisica che avevamo il primo giorno di lavoro!

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