Il Lavoro ai tempi del Corona

È da qualche giorno, che insieme alle tristi notizie sull’emergenza sanitaria che ha colpito il Nord Italia, sono tornati alla ribalta con plauso, temi quali remote working e smart working. Domenica, man mano che si avvicendavano informazioni sulle ordinanze che limitavano spostamenti, orari e aperture, il mio whatsApp ha cominciato a riempirsi di messaggi di amici e parenti per confrontarsi sulla situazione.

E alla domanda: “ma tu come ti comporti con il lavoro?” la mia risposta candida e beata è stata: “Beh, a me la settimana non cambia di una virgola”.

Questo perché sono fortunata: collaboro con un’azienda in cui Il tema del lavoro da remoto, è già stato affrontato da tempo. Ufficio più piccolo, libertà di scelta sulla presenza in sedeorari gestiti in autonomia sono solo alcuni dei temi che per chi lavora in CodicePlastico sono “quotidianità”.

Ed è per questo che, ora che il remote working sembra essere tornato alla ribalta, ci tengo a condividere un paio di riflessioni, partendo da alcune citazioni di amici che ho raccolto proprio in questi giorni.

Lo smartworking non me lo hanno mai concesso, ma visto che non sono distante dalla Zona Rossa mi hanno chiesto di lavorare da casa per la settimana

Controllo e Fiducia non sono due facce della stessa medaglia

Il primo punto è sullo smart/remote come compromesso.

Tra i principali temi dei detrattori del lavoro da remoto c’è, appunto, la mancanza di controllo. Se sei a casa tua, non posso sapere cosa stai combinando: chi mi assicura che tu sia produttivo? (Se, però, c’è un’epidemia, allora scendo al compromesso di non controllarti, purché tu stia lontano dalla sede.)

Ho sempre pensato che il rovescio della medaglia del controllo, fosse la fiducia.

Ed effettivamente la fiducia nel remote working è fondamentale, ma non basta. Serve che tutta l’organizzazione sia in grado di rendere le interazioni tra chi è in presenza e chi è remoto, il più simili possibile.

Non serve controllare le persone: serve coinvolgerle nel raggiungimento di task e obiettivi. In altre parole, non è importante dove e quando lavori: basta coordinarsi con il proprio team e rispettare gli accordi.

Per le aziende che sperimentano il remoto per la prima volta sarà facile credere che bastino portatili e VPN, noi ci teniamo a suggerire che è la cultura-remote quella che fa la differenza.

Resilienza e visione

Quello che oggi possiamo appuntare al petto con orgoglio è il badge della resilienza.

Sembra una banalità, ma un’azienda remote-oriented si adatta meglio ai cambiamenti del contesto. Senza arrivare alle situazioni gravi di questi giorni, un qualsiasi problema in sede (la rete? un guasto?) può essere gestito senza impedire al team di lavorare.

Alla grossa sede centrale abbiamo preferito tante piccole “sedi personali” ben organizzate.

Aggiungiamo poi una visione sistemica: ci muoviamo meno. Gli spostamenti per lavoro diventano solo quelli essenziali: guadagnamo il tempo di commuting tra casa e ufficio e emettiamo meno co2 nell’ambiente.
Se lo facciamo in 20, cambia poco, se lo facciamo in tanti può diventare un (piccolo) passo significativo per il bene di tutti.

…che poi, quando sono a casa, alla fine rendo il doppio

Non è come in ufficio

Lavorare da casa non è come lavorare in ufficio.

Tutta la cultura aziendale del mondo non può sostituire l’interazione vis-a-vis, la prossemica, il paraverbale, la comunicazione analogica e soprattutto l’effetto macchinetta del caffè.
Le interazioni sono diverse, ma non solo in senso negativo: ad esempio lavorando da casa è più facile arginare le interruzioni ed essere più produttivi. E le quattro chiacchiere davanti ad un caffè si possono fare comunque, solo che il caffè lo si beve in posti diversi.

Creare degli spazi di socialità online è parte della giornata di ognuno. Del resto, a cosa altro servono le gif?

Alla fine questa cosa del lavorare da casa mi piace, ma sono in pigiama e non faccio la doccia da tre giorni

E poi si finisce per vivere in pigiama

L’ultima riflessione è per tutti quelli che stanno sperimentando il lavoro da remoto per la prima volta. Attenti alla trappola pigiama.

Lavorare da casa significa far convergere lo spazio del lavoro con lo spazio personale: il rischio è quello di far convergere anche i tempi e non staccare mai.

Mantenere ritmi, simili a quelli di una normale giornata lavorativa, aiuta la testa a suddividere il “momento lavoro” dal “momento famiglia”, oltre che a limitare gli spuntini non previsti, decisamente a portata di mano.